L’esperienza di Gerusalemme è una di quelle che ti lasciano un segno indelebile impresso nell’anima e nella mente. Anche a distanza di anni basta chiudere gli occhi per rivivere e rendere presente quei momenti, qui sorrisi, quei profumi, quei luoghi, quelle vite. Lontani dalla nostra casa e in un Paese che da anni soffre per i conflitti interni, l’unica cosa che abbiamo potuto fare è stata quella di farci prossimi e parlare il linguaggio universale dell’amore: quello del sorriso e della tenerezza. Nei venti giorni di soggiorno abbiamo incontrato molte persone e vissuto con loro diversi spettacoli, in maniera spontanea e semplice, senza tante difese. Tra la scelta di imparare l’arabo o l’ebraico abbiamo optato per quella che è connaturata in ogni clown, quella del linguaggio del sorriso e proprio con il sorriso abbiamo vissuto per tutti quei giorni incontrando indistintamente ebrei, mussulmani e cristiani. Come alla fine di ogni spettacolo, quando si tirano le fila e si cerca di fare un bilancio di quanto accaduto, così alla fine del lungo spettacolo di Gerusalemme durato venti giorni siamo tornati cambiati, diversi perché l’abbondanza di ciò che avevamo ricevuto non era minimamente paragonabile a quanto avevamo donato. Da quel giorno il cielo e il cuore di Gerusalemme è rosso e arancio come i nasini, i cuori e le maglie dei clown. Felicino
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